CORVATSCH – Il ghiacciaio non è più misurabile, sciolto ghiaccio di 7000 anni fa

La caldissima estate non ha risparmiato i ghiacciaio della Svizzera. Il ghiacciaio del Corvatsch, in Engadina, non lontano dal confine italiano la fusione è arrivata a intaccare strati vecchi di ben 7000 anni.

In più il ghiacciaio non è più misurabile per il semplice fatto che le zone dove erano stati installate strumentazioni finalizzate al monitoraggio delle nevi perenni ora sono totalmente prive di ghiaccio.

Lo spiega il glaciologo Matthias Huss a Il Corriere del Ticino, raccontando della straordinaria fusione registrata a Vedere dal Corvatsch, sul massicci del Bernina e precisando che quello si sta registrando è più grave di quanto si preventivava.

I ghiacciai della Svizzera sono monitorati ormai da anni ed è stato registrato che il loro volume si dimezzato tra gli anni 30′ del secolo scorso e il 2016. Lo scorso anno, complici le abbondanti nevicate invernali, non si erano registrate grosse perdite, al contrario di questa stagione.

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Gran Paradiso: il ghiacciaio Grand Etret ha perso 3 metri di massa da fine maggio

Continua purtroppo l’inarrestabile fusione del ghiacciaio Grand Etret in Valsavarenche, nel Parco Nazionale del Gran Paradiso.

I poco più di 2 mesi e mezzo, c’è stato una perdita di 3 metri di massa glaciale. Complice un inverno particolarmente secco, a fine maggio l’accumulo di neve era di soli 127 cm, questa si è fusa in poche settimane e quindi il ghiacciaio ha iniziato a essere intaccato in maniera consistente, con una media di 6 cm al giorno da fine maggio al 10 agosto.

Nel mese di settembre i guardaparco riprenderanno il monitoraggio per calcolare l’ablazione totale.

Gli effetti dell’estate particolarmente calda si sono visti anche sulla fauna, con gli animali che sono risaliti a quote sempre maggiori.

Foto di Alberto Rossotto
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Dal ghiacciaio dell’Aletsch in ritirata spunta un aereo caduto 50 anni fa, video

L’estate 2022, una delle più calde degli ultimi anni, hai esso a dura prova i ghiacciai. Dalla loro fusione spesso spuntano alpinisti e reperti sepolti da anni ma quello che è successo nelle scorse settimane in Svizzera, sul ghiacciaio dell’Aletsch, ha davvero dello straordinario.

Un piper caduto nel 1968 è spuntato dal ghiacciaio è stato indiviuduato da una guida alpina nella zona tra Jungfraufirn e Konkordiaplatz, nel comune di Fieschertal (Vallese).  Le successive indagini hanno permesso di appurate che si trattasse di un Piper Cherokee, registrato con la sigla HB-OYL, precipitato 30 giugno 1968.

In quell’occasione percorrono tre persone, che furono recuperate, ma non vi erano i mezzi per spostare il relitto che quindi è stato sepolto dalla neve per riapparire in questa calda estate.

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ABRUZZO – Il “ghiacciaio” del Calderone ha perso il 65% in 25 anni

Il ghiacciaio del Calderone, sul Gran Sasso, è l’apparato glaciale più meridionale d’europa. Situato in provincia di Teramo, sul versante settentrionale del Corno Grande, a 1800 metri di quota, ha visto, come tutti i ghiacciai in generale, giorni migliori.

Il ghiacciaio del Claderone a partire dagli anni 2000 è diviso in due glacionevati, uno superiore e uno inferiore, ricoperti da detriti e negli ultimi 25 anni la sua superficie si è ridotta del 65%. E’ quanto comunica Legambiente in seguito al monitoraggio in corso su alcuni ghiacciai italiani nell’ambito dell’iniziativa “Carovana dei ghiacciai”.

Oggi il Calderone, che è classificato come “gladio nevato” ovvero un accumulo di neve che non si muove al contrario dei ghiacciai canonici. Oggi l’estensione è di circa 2 ettari contro i 6 ettari misurati nel 1994.

Adamello, il ghiacciaio ha perso 10/12 metri dal 2016

Come la maggior parte dei ghiacciai alpini anche quello dell’Adamello è in sofferenza. Ogni anno il ghiacciaio più esteso d’Italia perde 14 milioni di metri cubi di acqua, ovvero quanta ne possono contenere 5600 piscine olimpioniche. L’area coperta dal ghiaccio è scesa da 19 km quadrati nel 1957 a 17,7 nel 2015 e dal 2016 ad oggi lo spessore è sceso di 10-12 metri (nel 2016 era stato registrato uno spessore di 270 sul Pian di Neve).

È quanto ha diffuso Legambiente che ha raccolto alcuni dati con il monitoraggio “Carovana dei ghiacciai” che fa parte di una nuova iniziativa che il sodalizio ha messo in opera in collaborazione con il Comitato Glaciologico Italiano (CGI).

“Le masse glaciali dell’Adamello, il più grande ghiacciaio d’Italia, colpiscono in quando a dimensioni e bellezza e lasciano grande sconcerto al pensiero che nei prossimi decenni se continueremo con il trend attuale di immissioni di gas climaterianti, non potranno più essere ammirate dai numerosi turisti che raggiungono il passo del Presena – ha spiegato Vanda Bonardo, responsabile Alpi di Legambiente -. Sicuramente un motivo in più perché si costruisca una maggiore consapevolezza nei cittadini e nei governanti. Stiamo assistendo alla scomparsa di un patrimonio inestimabile poiché non si tratta solo di bellezza e di importanti riduzioni di risorse idriche oltre che di aumento del dissesto. Gli studi di Valter Maggi (CGI- Università Milano Bicocca) ci fanno capire come attraverso la memoria custodita dal ghiacciaio è possibile raccontare la storia di come si sono evoluti l’umanità e l’ambiente”.

I risultati sono stati presentati a Ponte di Legno nel corso di una conferenza cui hanno partecipato esponenti di Legambiente, e del Comitato Glaciologico Italiano.

“Se si potesse esprimere la Tappa dell’Adamello con un’immagine – è il commento di Marco Giardino, Segretario del Comitato Glaciologico Italiano – questa sarebbe una fotografia in bianconero ad elevato contrasto. Un’immagine forte, d’impatto, in grado di mettere chiaramente a confronto i segni delle espansioni glaciali del passato e gli attuali diffusi fenomeni di deglaciazione del massiccio. Il contrasto tra la piccola massa di neve e ghiaccio del Presena e l’ancora imponente altopiano glaciale dell’Adamello, che pure mostra nettamente segni di sofferenza ai suoi margini, dai circhi di alimentazione alle lingue effluenti. Il contrasto fra diversi strati di neve, nevato e ghiaccio con evidenze sia in superficie sia nelle profondità del ghiacciaio, come evidenziano i rilievi nivologici, i monitoraggi glaciologici e le perforazioni che hanno permesso di estrarre informazioni preziosissime sulla storia antica e recente del ghiacciaio dell’Adamello. Studi che oggi si rivelano fondamentali per disegnare gli scenari ambientali del futuro, indispensabili per progettare ed attuare la mitigazione e l’adattamento al riscaldamento climatico.”

 

 

CHAMONIX – Il ghiacciaio dell’Aiuguille du Midi a rischio crollo

L.R CNRS / O.V La Chamoniarde

Un importante crollo potrebbe interessare il ghiacciaio dell’Aiguille du Midi. Ci troviamo a Chamonix, sul versante francese del Monte Bianco, dove una massa di ghiaccio tra i 10.000 e i 20.000 cubi potrebbe staccarsi dal dal ghiacciaio sospeso sul versante settentrionale dell’Aiguille du Midi.

Lo spiega la Chamoniarde, società di prevenzione e soccorso in montagna di Chamonix. L’area in questione, compresa tra la via Mallory e lo sperone Frendo, è quindi ad alto rischio e le vie in zona sono sconsigliate agli alpinisti. Per chi volesse raggiungere il rifugio Grands Mulet viene quindi consigliato il sentiero basso che passa lungo la parte inferiore del ghiacciaio Pèlerins.

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MONTE ROSA – Partita la missione Ice Memory, un carotaggio per studiare il clima

Ice Memory, progetto che si promette di studiare il clima attraverso un carotaggio sui ghiacciai del Monte Rosa è finalmente partita. Prevista per lo scorso maggio, Ice Memory è stata rimandata per oltre un mese a causa delle condizioni meteorologiche instabili sul Monte Rosa.

Ice Memory impegna un gruppo di ricerca italo-svizzero che farà un carotaggio sul Monte Rosa per studiare il clima

Il progetto prevede un carotaggio di circa 80 metri sul ghiacciaio ghiacciaio Gorner – il secondo più steso delle Alpi –  al fine di studiare il clima e i cambiamenti climatici. Nel ghiaccio infatti sono immagazzinati una serie di dati atmosferici che offrono preziosi dati sul clima del passato.

Impegnati in Ice Memory ci sono i ricercatori dell’Univesrità di Ca’ Foscari e del centro Paul Scherrer (Svizzera). Questi sono stati due notti a 3600 metri di Capanna Gnifetti per acclimatarsi e ora sono a Capanna Margherita, il più alto rifugio d’Europa a 4554 metri, e ora stanno allestendo la struttura che effettuerà il carotaggio.

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Sorapiss, ghiacciai in ritiro e biodiversità in estinzione. Video

Il lago del Sorapiss, è uno dei luoghi maggiormente frequentati dai turisti nelle Dolomiti Ampezzane. e i ghiacciai che lo alimentano, rappresentano un ambiente estremamente dinamico e ora più che mai vulnerabile, in cui la componente vivente e quella non vivente ricercano un continuo equilibrio trasmettendo ai visitatori il loro fascino.

MUSE – Museo delle Scienze, Università degli Studi di Milano e Parco Naturale delle Dolomiti d’Ampezzo, hanno lanciato il video “Ghiacciai in ritiro. Biodiversità in estinzione” in occasione della Giornata Europea dei Parchi (24 maggio), in cui sono raccontate le ricerche effettuate sul ghiacciaio e lo “stato dell’arte” da un punto di vista glaciologico e biologico.

Il versante nord del massiccio del Sorapiss ospita tre ghiacciai che, come praticamente tutte le nevi perenni delle alpi è in costante ritiro. IL lago che si forma dallo scioglimento di questi chiacciai ospita vegetali e animali, alcuni a rischio estinzione, che vanno studiati e protetti.

“Fino a pochi anni fa il Lago del Sorapiss era una delle tante mete delle Dolomiti Ampezzane, insieme a molti altri bei laghi di questa zona. Da qualche tempo il turismo è andato via via aumentando – commenta Michele Da Pozzo, direttore Parco delle Dolomiti d’Ampezzo – I cambiamenti climatici e la sempre maggior frequentazione di certi ambienti dolomitici hanno investito in maniera accelerata questo territorio, ponendoci di fronte a problemi seri di conservazione e dubbi sulla sostenibilità della frequentazione turistica. Con gli specialisti di MUSE e dell’Università di Milano stiamo studiando la dinamica passata e presente nonché la biodiversità floristica e faunistica di questo sito, e faremo di tutto per salvaguardarlo e lasciarlo, nei limiti del possibile, ancora fruibile”.

Nel video si può vedere e ascoltare anche un efficace intervento di Christian Casarotto, glaciologo del MUSE:

“L’evento più esteso di avanzata dei ghiacciai del Sorapiss fa riferimento alla Piccola Età Glaciale che si è conclusa attorno alla metà dell’800 – spiega Casarotto – Da allora si è assistito a una continua fase di ritiro, intervallata da brevi e modeste avanzate, come ad esempio quella degli anni ‘80. Oggi il ghiacciaio non lo vediamo quasi più ma è ancora presente, protetto da uno strato di detrito superficiale che lo rende particolare sotto l’aspetto glaciale ma anche biologico”.

Il ritiro dei ghiacci e la trasformazione delle nevi perenni in “ghiacciai neri” porta anche a un mutamento della flora e delle fauna (insetti e ragni) che vivono sulla superficie glaciale. Una situazione che va costantemente monitorata perché in pochi anni i rapidi cambiamenti climatici potranno portare a modifiche ecologiche molto rilevanti.

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Sul Monte Rosa in missione per salvare i ghiacciai

Prenderà il via il 3 maggio la spedizione ideata da Cnr, l’Università Ca’ Foscari di Venezia, e il centro di ricerca svizzero Paul Scherrer che terrà di estrarre una carota di ghiaccio da 80 metri dal ghiacciaio Gorner del Monte Rosa.

Quella in partenza è la seconda spedizione del progetto “Ice Memory”, che si propone di raccogliere informazioni sul clima e sull’ambiente degli ultimi 10.000 anni attraverso carotaggi che ganno a estrarre chiaggio vecchio migliaia di anni e poi a studiarne la “memoria storica” lì conservata.

Leggi anche: Il progetto Ada270, una carota di 270 metri sul ghiacciaio dell’Adamello

La spedizione prevede due giorni di pernottamento al rifugio Capanna Gnifetti, a 3600 metri di quota, quindi il 5 maggio, se le condizioni meteorologiche saranno adatte i ricercatori saliranno al Colle Gnifetti (4500 metri) dove inizieranno il carotaggio. Il Gorner è il secondo ghiacciaio più esteso delle Alpi e  il carotaggio sarà effettuato sul punto più profondo che raggiunge 80 metri.

La carota sarà poi conservata in Antartide come “data base” dell’ambiente alpino.

Sull’Adamello per scoprire la storia dei ghiacciai con il progetto Ada270

Ada270, dove “Ada” sta per Adamello e 270 indica i metri che saranno perforati con un carotaggio che andrà a indagare sulla storia del ghiacciaio.

Siamo sul ghiacciaio del Mandrone, che con la sua coltre spessa 270 metri rappresenta il più importante archivio di storia ambientale delle nostre Alpi. E il progetto Ada270 nasce proprio per andare a leggere quelle pagine di storia che sedimentate nei secoli hanno molto da raccontare. Con una “carota” di queste dimensioni, estratta e conservata con una strumentazione realizzata in collaborazione con un istituto specializzato svizzero, sarà possibile indagare sulla storia climatica e ambientale delle Alpi degli ultimi 200-300 anni.

E sarà un’impresa da record perché mai sull’arco alpino si è arrivati ad effettuare un carotaggio di queste dimensioni. L’allestimento del campo base è iniziato il 6 aprile a 3200 metri di quota e ora ci troviamo più o meno a metà dell’opera, con lo scavo che è arrivato a 180 metri.

Il progetto Ada270 è nato dalla collaborazione e dalle idee del Prof. Valter Maggi, di Lino Zani, Luca Albertelli e Gregorio Mannucci. Il progetto, oltre al carotaggio e al successivo studio, prevede anche l’installazione della fibra ottica con il coinvolgimento del Politecnico di Milano e della società Coherentia.

Il ghiacciaio dell’Adamello, il più vasto ghiacciaio delle Alpi italiane,  si trova in alta Val Camonica, a cavallo tra la Lombardia e il Trentino tra le quote di 2550 e 3530 metri.

Il ghiacciaio è suddiviso in 6 unità: Miller Superiore, Corno Salarno, Salarno, Adamello o Pian di Neve, Adamé e Mandrone. Alla fine del XIX secolo la sua  superficie superava i 3000 ettari, 100 anni si era ritirato a meno di 2500 ettari, quindi a 1766 nel 1997 e a 1630  nel 2007.