Adamello, il ghiacciaio ha perso 10/12 metri dal 2016

Come la maggior parte dei ghiacciai alpini anche quello dell’Adamello è in sofferenza. Ogni anno il ghiacciaio più esteso d’Italia perde 14 milioni di metri cubi di acqua, ovvero quanta ne possono contenere 5600 piscine olimpioniche. L’area coperta dal ghiaccio è scesa da 19 km quadrati nel 1957 a 17,7 nel 2015 e dal 2016 ad oggi lo spessore è sceso di 10-12 metri (nel 2016 era stato registrato uno spessore di 270 sul Pian di Neve).

È quanto ha diffuso Legambiente che ha raccolto alcuni dati con il monitoraggio “Carovana dei ghiacciai” che fa parte di una nuova iniziativa che il sodalizio ha messo in opera in collaborazione con il Comitato Glaciologico Italiano (CGI).

“Le masse glaciali dell’Adamello, il più grande ghiacciaio d’Italia, colpiscono in quando a dimensioni e bellezza e lasciano grande sconcerto al pensiero che nei prossimi decenni se continueremo con il trend attuale di immissioni di gas climaterianti, non potranno più essere ammirate dai numerosi turisti che raggiungono il passo del Presena – ha spiegato Vanda Bonardo, responsabile Alpi di Legambiente -. Sicuramente un motivo in più perché si costruisca una maggiore consapevolezza nei cittadini e nei governanti. Stiamo assistendo alla scomparsa di un patrimonio inestimabile poiché non si tratta solo di bellezza e di importanti riduzioni di risorse idriche oltre che di aumento del dissesto. Gli studi di Valter Maggi (CGI- Università Milano Bicocca) ci fanno capire come attraverso la memoria custodita dal ghiacciaio è possibile raccontare la storia di come si sono evoluti l’umanità e l’ambiente”.

I risultati sono stati presentati a Ponte di Legno nel corso di una conferenza cui hanno partecipato esponenti di Legambiente, e del Comitato Glaciologico Italiano.

“Se si potesse esprimere la Tappa dell’Adamello con un’immagine – è il commento di Marco Giardino, Segretario del Comitato Glaciologico Italiano – questa sarebbe una fotografia in bianconero ad elevato contrasto. Un’immagine forte, d’impatto, in grado di mettere chiaramente a confronto i segni delle espansioni glaciali del passato e gli attuali diffusi fenomeni di deglaciazione del massiccio. Il contrasto tra la piccola massa di neve e ghiaccio del Presena e l’ancora imponente altopiano glaciale dell’Adamello, che pure mostra nettamente segni di sofferenza ai suoi margini, dai circhi di alimentazione alle lingue effluenti. Il contrasto fra diversi strati di neve, nevato e ghiaccio con evidenze sia in superficie sia nelle profondità del ghiacciaio, come evidenziano i rilievi nivologici, i monitoraggi glaciologici e le perforazioni che hanno permesso di estrarre informazioni preziosissime sulla storia antica e recente del ghiacciaio dell’Adamello. Studi che oggi si rivelano fondamentali per disegnare gli scenari ambientali del futuro, indispensabili per progettare ed attuare la mitigazione e l’adattamento al riscaldamento climatico.”

 

 

Sull’Adamello per scoprire la storia dei ghiacciai con il progetto Ada270

Ada270, dove “Ada” sta per Adamello e 270 indica i metri che saranno perforati con un carotaggio che andrà a indagare sulla storia del ghiacciaio.

Siamo sul ghiacciaio del Mandrone, che con la sua coltre spessa 270 metri rappresenta il più importante archivio di storia ambientale delle nostre Alpi. E il progetto Ada270 nasce proprio per andare a leggere quelle pagine di storia che sedimentate nei secoli hanno molto da raccontare. Con una “carota” di queste dimensioni, estratta e conservata con una strumentazione realizzata in collaborazione con un istituto specializzato svizzero, sarà possibile indagare sulla storia climatica e ambientale delle Alpi degli ultimi 200-300 anni.

E sarà un’impresa da record perché mai sull’arco alpino si è arrivati ad effettuare un carotaggio di queste dimensioni. L’allestimento del campo base è iniziato il 6 aprile a 3200 metri di quota e ora ci troviamo più o meno a metà dell’opera, con lo scavo che è arrivato a 180 metri.

Il progetto Ada270 è nato dalla collaborazione e dalle idee del Prof. Valter Maggi, di Lino Zani, Luca Albertelli e Gregorio Mannucci. Il progetto, oltre al carotaggio e al successivo studio, prevede anche l’installazione della fibra ottica con il coinvolgimento del Politecnico di Milano e della società Coherentia.

Il ghiacciaio dell’Adamello, il più vasto ghiacciaio delle Alpi italiane,  si trova in alta Val Camonica, a cavallo tra la Lombardia e il Trentino tra le quote di 2550 e 3530 metri.

Il ghiacciaio è suddiviso in 6 unità: Miller Superiore, Corno Salarno, Salarno, Adamello o Pian di Neve, Adamé e Mandrone. Alla fine del XIX secolo la sua  superficie superava i 3000 ettari, 100 anni si era ritirato a meno di 2500 ettari, quindi a 1766 nel 1997 e a 1630  nel 2007.

ADAMELLO – E’ collassata la parte finale del ghiacciaio Mandrone

Una voragine causata dal collassamento della volta della bocca del ghiacciaio Mandrone  è stata documentata dalle riprese di Maffeo Comensoli, pilota di Elimast che ha sorvolato i ghiacciaio dell’Adamello nelle socorse ore.

Come tutti i ghiacciai alpini anche quelli dell’Adamello sono in arretramento costante da anni e fenomeni come questo sono dovuti all’assottigliamento dello strato di ghiaccio che crolla sotto il suo stesso peso.

Ecco il commento, della Commissione Glaciologica SAT circa quanto accaduto sul ghiacciaio del Mandrone.

“I ghiacciai spesso nella parte frontale presentano quella che viene definita porta del ghiacciaio o bocca del ghiacciaio.
Da questo punto fuoriescono solitamente le acqua di fusione che superficialmente o tramite canali interni arrivano poi a valle del ghiacciaio.
Spesso queste PORTE hanno anche conformazioni particolari come delle vere e proprie grotte (in cui è meglio non entrare).
L’acqua che vi corre sotto può anche avere temperature leggermente maggiori del ghiaccio superiore che pian piano può fondersi, assottigliarsi e perdere quindi la capacità di sostenersi.
E’ questo il caso del ghiacciaio del Mandron, in questi giorni poco prima di un nostro sopralluogo, la volta della bocca del ghiacciaio ha subito un piccolo collasso.
Già nella precedente visita del 4 luglio 2020 (vedi foto) e nei sopralluoghi 2019/2018 si iniziava a delineare una depressione dovuta al ritiro, all’assottigliamento e quindi alla minor resistenza del ghiacciaio che iniziava ad abbassarsi sotto il proprio peso.
Il caldo, l’andamento naturale della fusione e del ritiro ha provocato quindi nei giorni il collasso di questa volta glaciale”.